Qualche anno fa gli scienziati S. L. Díaz-Muñoz del Dipartimento di Microbiologia e Genetica Molecolare dell’Università di California, R. Sanjuán del Dipartimento di Genetica dell’Università di Valencia e S. West del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Oxford hanno coniato un nuovo termine per descrivere la loro linea di ricerca: sociovirologia. [1] Le teorie dell’evoluzione sociale, nate per spiegare il comportamento animale, forniscono un quadro concettuale per approcciare le interazioni tra virus, che spaziano dai conflitti alla cooperazione. Esistono virus che necessitano di aiuto per completare il processo di infezione, e altri la cui attività è soppressa o attivata dalla presenza di virus secondari. Oggi è risaputo come virus di specie diverse siano in grado di collaborare per infettare l’ospite, in questo caso si parla di co-infezione.
I virus sono entità biologiche che necessitano di un ospite per vivere e replicarsi. Sul nostro pianeta ne esistono un’infinità (stime parlano di 10 elevato alla 31, quindi un 10 seguito da trenta zeri!), però solo una piccola parte rappresenta una minaccia per l’uomo. Ciò è dovuto alle particolarità biologiche dei virus stessi che spesso esigono cellule-ospite con determinate caratteristiche. Ciononostante, le epidemie di nuovi virus umani non sono così inattese, così come dimostra l’attuale pandemia di COVID-19.
Un linguaggio conosciuto solo ai virus
Tra questi ce ne sono alcuni chiamati batteriofagi (figura 1), ossia virus capaci di infettare solamente cellule batteriche. Su di questi è focalizzata l’attenzione del team di ricerca del genetista Rotem Sorek, professore al Dipartimento di Genetica Molecolare del Weizmann Institute of Science, in Israele. Durante uno dei tanti esperimenti finalizzati a studiare le interazioni tra i batteri e i virus capaci di infettarli, lui e il suo team hanno fatto una scoperta unica. [2]
Partiamo dal principio. Il professore ha deliberatamente infettato alcune cellule batteriche con batteriofagi per capire come i batteri avrebbero risposto all’attacco virale: avrebbero combattuto singolarmente oppure come un esercito unendo le forze? Nel momento in cui lui e il suo team hanno guardato all’interno delle piastre di Petri, hanno potuto osservare qualcosa di totalmente inaspettato: i batteri erano silenziosi, ma non i virus, che si scambiavano tra loro segnali chimici in un linguaggio molecolare solo a loro conosciuto. Fu una scoperta accidentale che avrebbe però radicalmente cambiato la comprensione degli scienziati del comportamento dei virus.
I batteriofagi hanno sofisticati sistemi di sorveglianza che forniscono loro informazioni sulla possibilità di attaccare o di restare in attesa, a seconda della disponibilità di cellule-bersaglio da infettare. I ricercatori hanno per lungo tempo pensato che questi processi fossero passivi. Sorek e colleghi hanno invece scoperto che questi virus comunicano tra loro. Nel momento in cui infettano una cellula batterica rilasciano una piccola proteina lunga appena sei amminoacidi (quindi un peptide per la precisione) che porta il seguente messaggio: “Ho fatto una vittima”. Maggior è il numero di cellule batteriche “catturate” e più forte il segnale rilasciato che comunica la scarsità di nuovi bersagli da infettare.
Arbitrium: il peptide virale messaggero
Il professor Sorek ha chiamato questo peptide virale “arbitrium” (figura 2). Svolge una funzione simile al sistema di comunicazione dei batteri chiamato quorum sensing. I batteri in una colonia batterica (biofilm) si scambiano piccole molecole-messaggero che portano informazioni sulla densità di popolazione, affinché possa essere regolata sulla base dei nutrienti disponibili.
È la prima volta che qualcuno dimostra un sistema di comunicazione molecolare tra virus: ciò si inserisce all’interno di un quadro che descrive i virus come “agenti sociali” altamente sofisticati, più di quanto si pensasse. Diventa così di fondamentale importanza studiare i virus con un approccio scientifico che prevede la loro cooperazione, anche tra specie diverse, per abbattere le difese immunitarie dell’ospite. Imparare a comprendere questo nuovo linguaggio permetterebbe di sviluppare nuovi trattamenti e nuove terapie a gravi infezioni e tumori virali.
Dalla pubblicazione di questa ricerca (2017), diversi gruppi si sono messi al lavoro su questo peptide, per capire come viene prodotto e “sentito” dai virus. Il gruppo di Sorek ha da allora individuato almeno altri 15 batteriofagi in grado di comunicare con un qualche tipo di peptide corto: sembrerebbe che ognuno di questi adoperi un linguaggio molecolare unico, comprensibile solo alla propria specie.
La biologa molecolare Bonnie Bassler ha scoperto che i virus sono in grado di sfruttare a proprio vantaggio il sistema di comunicazione batterico (quorum sensing). Spiano i segnali emanati dai batteri e in base ad essi decidono quando e se attaccare l’ospite. Nel suo laboratorio di Princeton ha ingegnerizzato e programmato batteriofagi “spia” affinché agissero a determinati segnali molecolari. I virus diventano così degli “assassini” di batteri programmabili. [3]
Uniti contro un nemico comune
Due gruppi distinti di ricercatori hanno riportato le prove di cooperazione virale finalizzata al respingimento delle difese immunitarie dei batteri di genere Pseudomonas (alcuni ceppi sono molto pericolosi per l’uomo). Hanno osservato i virus “bombardare” i batteri con delle proteine finalizzate all’abbattimento delle loro difese. La prima ondata di virus ha attaccato, sacrificandosi, i batteri indebolendoli e spianando la strada alla seconda ondata verso la conquista dell’ospite. [4, 5] Un altro studio ha dimostrato che, ad esempio, ceppi virali geneticamente diversi tra loro del poliovirus, responsabile della poliomelite, si scambiano materiale genetico affinché possano migliorare la loro capacità di attaccare e uccidere cellule umane. [6]
Amici o nemici?
I virus sono entità subdole e difficili da combattere se non si sviluppano strategie in grado di interrompere la loro cooperatività. Lo stesso potere distruttivo dei virus però può essere adoperato a nostro vantaggio, ad esempio utilizzando i batteriofagi per il trattamento di gravi infezioni batteriche. Conoscere in maniera più approfondita le interazioni “sociali” dei virus permetterebbe di perfezionare tali terapie, rendendole più efficaci. Nel 2019 è stato riportato il primo esempio in questa direzione sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Medicine. Alcuni batteriofagi sono stati ingegnerizzati e successivamente adoperati clinicamente con successo su un paziente affetto da una grave infezione batterica altamente farmaco-resistente. [7]
Prospettive future
Le potenzialità di queste scoperte sono infinite: nuovi trattamenti e nuove terapie più efficaci e sicure possono essere sviluppate, microbi ingegnerizzati potrebbero un giorno non troppo lontano trasportare il medicinale lì dove serve e rilasciarlo in maniera controllata affinché se ne tragga il massimo beneficio per il paziente. Se un giorno si riuscisse ad utilizzare un sistema simile all’arbitrium in virus umani (HIV, herpes, ecc.), ecco che un qualsiasi segnale di comunicazione molecolare in grado di indurre “silenzio virale” diventerebbe un farmaco in grado di “spegnere” il virus rendendolo innocuo.
La strada da percorrere è ancora lunga e tortuosa. Come sempre, ogni cosa può essere bene e male: sta alla responsabilità umana adoperarsi affinché quelli che sono potenziali pericoli diventino dei benefici per la comunità.
Fonti:
[1] S. L. Díaz-Muñoz et al., “Sociovirology: Conflict, Cooperation, and Communication among Viruses”, Cell Host & Microbe (2019)
[2] Z. Erez et al., “Communication between viruses guides lysis–lysogeny decisions”, Nature (2017)
[3] J. E. Silpe, B. Bassler, “A Host-Produced Quorum-Sensing Autoinducer Controls a Phage Lysis-Lysogeny Decision”, Cell (2018)
[4] M. Landsberger et al., “Anti-CRISPR Phages Cooperate to Overcome CRISPR-Cas Immunity”, Cell (2018)
[5] A. Borges et al., “Bacteriophage Cooperation Suppresses CRISPR-Cas3 and Cas9 Immunity”, Cell (2018)
[6] E. R. Aguilera et al. “Plaques Formed by Mutagenized Viral Populations Have Elevated Coinfection Frequencies”, mBio (2017)
[7] R. M. Dedrick et al., “Engineered bacteriophages for treatment of a patient with a disseminated drug-resistant Mycobacterium abscessus”, Nature Medicine (2019)
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