Alzi la mano chi oggi non ha ancora pronunciato o solo pensato la parola “tampone” almeno una volta.  Ecco, come immaginavo: nessuno.

Negli ultimi mesi il tampone per rilevare la presenza del coronavirus in un soggetto potenzialmente infetto è diventato un po’ un hot topic. Insomma: non sai di cosa parlare? Covid. È un po’ il nuovo sostituto dell’imbarazzantissimo “oggi è proprio una bella giornata” detto al vicino di casa che forse ci sta anche un po’ antipatico.

Bene, quindi tutti parliamo di tampone ma sappiamo davvero come funziona?

Certo, un operatore ti infila una specie di cotton fioc lungo su per il naso (quasi volesse accertarsi che il tuo cervello sia ancora lì) o giù per la gola.  Poi il campione viene inviato in laboratorio e dopo una qualche magia scientifica ecco il risultato del tuo tampone.

Beh, nessuna magia. Quello che si ricerca con i due cotton fioc belli pieni di muco o bava è la presenza dell’RNA del coronavirus.

Perchè si ricerca l’RNA nel tampone?

Il SARS-CoV-2 è un virus ad RNA: questo vuol dire che tutte le informazioni genetiche che noi esseri umani abbiamo contenute nel DNA, in questi virus sono portate dall’RNA.

In particolare, secondo la classificazione di Baltimore, i coronavirus corrispondono ai virus di classe IV ovvero  ad RNA +.

Si parla di RNA a filamento positivo quando questo funziona direttamente come mRNA, quindi per sintetizzare delle proteine.

In ogni caso abbiamo già parlato dei virus, per approfondire clicca qui.

Quindi che facciamo con il tampone?

Come potete ben immaginare nel nostro campione non abbiamo solo l’RNA del SARS-CoV-2, ma abbiamo anche tante altre molecole.  La prima cosa da fare, quindi, è isolare e purificare RNA.

A questo punto si procede con la ricerca dell’RNA specifico del virus attraverso una tecnica chiamata Reverse Real-Time PCR.

Che cos’è la PCR?

La PCR è una tecnica che va bene un po’ con tutto, proprio come il prezzemolo. Venne ideata negli anni ’80 da Mullis e serve per aumentare le copie di un tratto di DNA o RNA desiderato.

È stata molto utilizzata in diagnostica per individuare malattie ereditarie o mutazioni geniche che portano a forme tumorali o ancora per individuare infezioni batteriche o virali (come nel nostro caso).

La PCR è stata, però, fondamentale anche per studi di filogenesi molecolare e per mappare il genoma.

E la Reverse Real-Time PCR?

Okay, okay, dal nome potrebbe sembrare una procedura molto complessa e, spoiler: lo è!

Andiamo, però, in ordine: siamo rimasti al punto in cui abbiamo purificato tutto l’RNA dal tampone e dobbiamo ricercare tra questo l’RNA proprio del SARS-CoV-2 con la Reverse real-time PCR.

La pozione magica per iniziare la Reverse Real-Time PCR è:

  • Un enzima che si chiama trascrittasi inversa
  • Primers (ovvero corti segmenti di RNA che si legano ad una sequenza specifica di DNA)
  • Nucleotidi (ovvero le componenti fondamentali del DNA, un po’ come se fossero i mattoncini che formano il DNA)
  • Taq man probe
  • Un altro enzima che si chiama DNA polimerasi

La prima cosa che succede è che la trascrittasi inversa retrotrascrive l’RNA in DNA.

Ci troviamo, quindi, con un filamento di RNA appaiato al filamento di DNA complementare.

Dobbiamo separarli e per farlo aumentiamo al temperatura attorno a 95°C. Questa fase è la fase di denaturazione.

Segue la fase di annealing dove la temperatura viene abbassata in modo che i primer possano appaiarsi al DNA.

Fase di estensione: la DNA polimerasi, partendo dal primer, aggiunge nucleotidi e permette la sintesi di una molecola di DNA a doppio filamento.

Vi starete chiedendo come facciamo, quindi, a sapere se è presente o meno questo maledetto DNA virale. Adesso ci arriviamo.

Dobbiamo aumentare nuovamente la temperatura a 95°C per avere una nuova fase di denaturazione in cui i due filamenti di DNA nella molecola si separano.

Abbasseremo, poi, la temperatura (fase di annealing) per permettere l’appaiamento dei primer su entrambi i filamenti di DNA e per permettere l’appaiamento anche del taq man probe.  Taq man probe consiste in una porzione complementare al DNA specifico del coronavirus legata covalentemente ad un fluoroforo ovvero una molecola che emette luce una volta illuminata. È legato alla probe anche un quencer cioè una molecola che impedisce al fluoroforo di emettere luminescenza.

Alla fase di annealing segue sempre la fase di estensione in cui la DNA polimerasi, a partire dai primer, sintetizzerà la molecola di DNA complementare ma, nel farlo, incontrerà la taq man probe e la “romperà” per poter andare avanti nell’allungamento. Rimuoverà prima la parte che porta il fluoroforo e poi la parte legata al quencer.  In questo modo fluoroforo e quencer sono separati e possono emettere fluorescenza.

Si ripete questo procedimento più volte.  La fluorescenza, quindi, sarà proporzionale alla quantità di RNA virale retotrascritto e amplificato.

La fluorescenza verrà misurata ad ogni stadio dell’amplificazione grazie ad un detector che la cattura e la trasforma in dati, visualizzabili in tempo reale su un monitor: se la quantità di fluorescenza dopo un certo numero di cicli di amplificazione supera una data soglia, allora ci si deve considerate positivi.

Oltre al tampone?

Se vi state chiedendo se ci siano alternative che magari non prevedano un cotton fioc nel naso per rilevare la presenza del virus la risposta è ni. I test ora a disposizione sono:

  • Test molecolare (ovvero il tampone di cui abbiamo parlato fin ora)
  • Test antigenico o anche detto test rapido: non ricerca la presenza dell’RNA del virus ma delle sue proteine. Il suo problema è che è molto meno affidabile rispetto al tampone.
  • Test sierologico: ricerca la presenza di anticorpi specifici ma ha affidabilità minore rispetto al molecolare.
  • Test salivari: questi test richiedono solo un campione di saliva e possiamo a loro volta dividerli in molecolare e antigenico. Il test salivare molecoalre è stato testato presso il laboratorio di virologia dello Spallanzani e impiega meno del tampone (1ora) ma comunque richiede di essere processato in laboratorio. Per il test salivare antigenico, invece, abbiamo due soluzioni ma la prima richiede comunque un laboratorio ed ha attendibilità simile a quella del test antigenico. La seconda soluzione, che è a lettura visiva, non richiede un laboratorio ma risulta essere meno performante rispetto al tampone.

Quindi, per ora, il tampone (o test molecolare) risulta essere ancora il metodo più attendibile!

Per ulteriori approfondimenti puoi consultare questo documento del Istituto Superiore di Sanità.