La nanotecnologia è l’applicazione pratica della scienza sulla scala nano. È l’insieme di quelle tecniche e di quei metodi volti alla manipolazione di atomi e molecole per produrre avanzati sistemi tecnologici in miniatura.

Datare e definire la nanotecnologia può essere arduo. La versione “originale” della nanotecnologia si verifica da milioni di secoli in natura, dove gli organismi viventi hanno imparato a manipolare luce e materia a livello atomico. La natura assembla dispositivi altamente efficienti con determinate funzioni come l’immagazzinamento di informazioni, la riproduzione, le abilità motorie.

Il DNA è la definizione di nanomateriale per eccellenza. Può accumulare un’enorme quantità di informazioni genetiche (1 terabyte per centimetro quadrato) in una sequenza di nucleotidi separati solamente 0.3 nanometri uno dall’altro. La fotosintesi è un altro esempio di bio-nanotecnologia. Nanostrutture naturali sono in grado di catturare la luce, separare e trasportare cariche negative (elettroni) e positive (protoni) e infine convertire l’energia solare in utile e nutriente energia chimica per l’intera pianta.

L’uomo ha praticato la nanotecnologia per secoli, anche se all’epoca era più a fine artistico ed estetico, e non ingegneristico-tecnologico. Ad esempio, gli antichi mastri vetrai usavano sali di argento e di oro per colorare le vetrate delle cattedrali: l’oro dà una colorazione rossa al vetro, l’argento gialla. Gli atomi metallici nel vetro si aggregano dando vita a nanoparticelle, precedentemente chiamate “particelle colloidali”, con proprietà ottiche (i.e. colore) che dipendono fortemente dalle loro dimensioni.

Il Nobel per la fisica (1965) Richard Feynman durante una conferenza nel 1959 affermò “There’s plenty of room at the bottom”, c’è un sacco di spazio giù in fondo. Proviamo ad esplorare insieme questo spazio giù in fondo.

Giù verso il nano-mondo

Iniziamo dalle radici, quanto è piccolo un nano-coso? Un nanometro è un miliardesimo di metro (1 nm = 10-9 m). Un capello umano ha un diametro di circa 100 micrometri (0,1 millimetri), e un singolo micrometro equivale a 1000 (mille!) nanometri. Un globulo rosso (cellula del sangue) ha un diametro di 5000 nanometri, un batterio di 1000 nanometri e un virus di 100 nanometri. Ci stiamo addentrando sempre più nell’infinitamente piccolo. Un transistor attuale, componente dei processori dei nostri computer e smartphone, può avere dimensioni di 15 nanometri! Se lo desirate, possiamo spingerci ancora più a fondo: una singola molecola d’acqua ha un diametro di 0,2 nanometri. Un cucchiaino d’acqua (18 grammi) contiene 6,022 x 1023 (un 6 seguito da ventitré zeri, o anche seicentomila miliardi di miliardi) molecole d’acqua! Mi gira la testa a pensare alla vastità di tutto ciò!

La IUPAC (Unione internazionale di chimica pura e applicata, ossia l’autorità internazionale sulla terminologia e nomenclatura chimica) definisce un oggetto come nano quando le sue dimensioni non superano i 100 nanometri.

Figura 1. Scala dimensionale. Fonte: https://euon.echa.europa.eu/

Il concetto inafferrabile di nanomateriale

La nanotecnologia mira a trovare applicazioni pratiche a questi nano-oggetti, ma di che cosa si tratta esattamente? Anche qui, non c’è una definizione univoca. Esistono nanomateriali naturali (ad esempio la caseina nel latte e le ceneri durante un’eruzione vulcanica) o di sintesi, come le nanoparticelle di ossido di silicio, di oro, di argento, e la lista continua all’infinito. La forma di questi oggetti può anche variare, da sfere a tubi, da fili ad altre forme e poligoni più complessi.

Rendering 3D di nanotubi di carbonio
Figura 2. Porzione di un nanotubo di carbonio (rendering 3D)

Questi materiali trovano oggi molteplici applicazioni, dalla micro- (o nano- ?) elettronica (semiconduttori organici e inorganici, come i transistor) alla medicina (sistemi di drug delivery, cioè somministrazione di farmaci), dalle creme solari (contenenti nanoparticelle di diossido di titanio, in grado di assorbire i dannosi raggi UV emanati dal sole) alle marmitte catalitiche delle nostre automobili, che convertono sostanze tossiche in sostanze più innocue.

Come cambiano i colori sulla scala nanometrica?

All’inizio di questo articolo ho fatto riferimento alle nanoparticelle d’oro che danno una colorazione rossa al vetro: come è possibile, se l’oro, nell’immaginario comune, è giallo lucente? Un lingotto o una moneta d’oro ci appaiono di colore oro, se fossero d’argento apparirebbero color argento e così per tutti i materiali macroscopici (il linguaggio scientifico usa il termine inglese bulk). Ma nel momento in cui le dimensioni scendono sulla scala nanometrica, tutto cambia. Lo stesso materiale a livello nano ha proprietà ottiche, elettroniche, meccaniche, magnetiche e catalitiche diverse dal materiale bulk. Ecco perchè si chiama nanotecnologia.

Il modo in cui la luce interagisce con una nanoparticella di oro cambia in base alla forma e alla dimensione (pochi nanometri possono fare una grande differenza), e di conseguenza cambia il colore. In figura 2 sono mostrate delle nanoparticelle d’oro con diverse dimensioni. Alla loro destra, i rispettivi spettri di assorbimento, i quali descrivono il modo in cui una sostanza o un materiale interagisce con la luce. Osservandoli, si può notare come il picco massimo di assorbimento sia a lunghezze d’onda (per cui si usa la lettera greca lambda λ) diverse per ogni nanoparticella, e da questi valori possiamo determinarne il colore.

Il colore percepito è il complementare di quello assorbito. Ad esempio, la nanoparticella sferica assorbe luce ad un massimo di 518 nanometri, ciò significa che della radiazione luminosa assorbe il colore verde/blu e riflette il colore rosso, che è quello percepito. La nanoparticella con la forma irregolare assorbe luce arancione (600 nanometri) e riflette luce blu.

nanoparticelle di oro e spettro dei colori
Figura 3. Nanoparticelle di oro di diverse forme e dimensioni viste al microscopio elettronico a trasmissione (TEM) con rispettivi spettri di assorbimento, i quali determinano il colore percepito. A destra in alto, tabella riassuntiva della porzione visibile ai nostri occhi dello spettro elettromagnetico. Le lunghezze d’onda si misurano in nanometri (nm).

I colori sono il risultato di una teoria imprevedibile

Come si spiega questo insolito fenomento? La risposta giace nei meandri della meccanica quantistica, teoria che vide luce nelle menti più brillanti del secolo scorso e che neanche loro riuscivano a comprendere pienamente. È una teoria complessa, paradossale e imprevedebile, contro cui la nostra esperienza quotidiana si scontra duramente, eppure funziona.

La luce dei tubi al neon è il risultato di un fenomeno quantistico: la fluorescenza (teoria QED per affrondire, elaborata da R. Feynman e che gli valse il Nobel). Il GPS si connette a satelliti contenenti orologi atomici, che si basano sulla fisica quantistica.

Computer e smartphone esistono perché l’avanzamento tecnologico ci ha permesso di controllare le proprietà quantistiche di singoli atomi di silicio all’interno di un transistor (ricordate all’inizio dell’articolo? In uno smartphone possono essere contenuti fino a sette miliardi di transistor in un microchip della dimensione di un piccolo bottone).

I microscopi elettronici, senza i quali non avremmo potuto osservare quelle magnifiche nanometriche particelle di oro, funzionano grazie alla nostra comprensione della meccanica quantistica. Le telecomunicazioni e le risonanze magnetiche sono il risultato dell’applicazione della meccanica quantistica a problemi reali. In un banale tostapane, la resistenza, quando incandescente, emette radiazioni visibili (il colore rosso-arancione che percepiamo) e infrarosse, in grado di scaldare il toast che al mattino mangiamo per colazione.

Una scienza multidisciplinare

Come avrete capito, è impossibile parlare di nanotecnologia senza chiamare in causa altre discipline come la fisica, la chimica, la biologia, la scienza dei materiali, l’ingegneria, la matematica e altre. Tra l’altro, le nanotecnologie ricoprono un ruolo importantissimo nelle scienze applicate alla medicina e alla salute, come ad esempio le innovative terapie tumorali, che trovate spiegate qui. Le nanotecnologie hanno visto un notevole sviluppo soprattutto alla fine della seconda metà del secolo scorso, proprio grazie alla notevole comprensione (nonchè confema sperimentale) della meccanica quantistica. Si tratta di “oggetti” costituiti da poche decine o centinaia di atomi/molecole che hanno proprietà diverse o intermedie da quelle osservate nelle singole molecole e nei solidi.

La nanotecnologia è la massima espressione dell’ingegno umano. L’uomo scopre fenomeni nuovi, pensa a soluzioni e le mette in pratica. La conoscenza si arricchisce, la tecnologia avanza e nuove sfide sono poste di fronte alla curiosità umana. Il ciclo così si ripete. La nanotecnologia promette dunque soluzioni tecnologiche praticabili ai problemi contemporanei.

nanoparticelle colloidali di CdSe
Figura 4. Nanoparticelle di seleniuro di cadmio (CdSe) in soluzione colloidale che mostrano una colorazione diversa a seconda della loro dimensione, che aumenta da sinistra a destra (fonte: “Chemistry: The Central Science” di T. L. Brown)

Fonti:
E. Hutter, Microscopy Research and Technique, 2011
G. Pacchioni, Quanto è piccolo il mondo. Sorprese e speranze dalle nanotecnologie, 2007