Questa settimana abbiamo intervistato Marco, un giovane musicista che ci ha raccontato qualche curiosità e informazione sul mondo della musica. E cosa c’entra la musica con la botanica? Anche se può sembrare incredibile, essa influisce non solo sugli umani, ma anche sulla crescita e il benessere delle piante Vediamo alcuni esempi e qualche studio condotto in merito.

I primi studi

Il primo ad ipotizzare una correlazione tra la musica e lo sviluppo vegetale fu il dottor T.C. Singh nel 1962. Per prima cosa sottopose alcune piantine di Hidrilla verticillata alle vibrazioni di un diapason al mattino prima del sorgere del sole. Si accorse che i flussi di protoplasma nelle cellule erano molto veloci, paragonabili a quelli osservabili dopo il levare del sole. Il medesimo procedimento venne ripetuto con il suono di un violino. Dopo alcune settimane le piante risultarono più alte e robuste di quelle del controllo che erano cresciute senza musica. Infine fece “ascoltare” a piante appartenenti alla famiglia delle Balsaminaceae della musica raga, tipica della cultura indiana, per un mese in un ambiente controllato. Questi vegetali vennero messi insieme ad esemplari di controllo all’aperto. Nelle prime settimane i due gruppi crebbero allo stesso modo, ma dalla quinta le piante che avevano ascoltato musica avevano il 72% in più di foglie e avevano avuto un tasso di crescita maggiore del 20%. Singh proseguì le sue ricerche anche su piante di interesse agrario come il riso, ile arachidi e il tabacco, per i quali vi fu un aumento di resa di circa il 50%.

Agronomi musicofili

Sulla scia del dottor Singh, il botanico George E. Smith studiò l’effetto della musica su piante di mais e soia. Egli fece crescere le piante in due serre identiche ma in una gli altoparlanti riproducevano la “Rapsodia in blu” di Gershwing. I semi presenti in questa serra germogliarono più velocemente e, una volta cresciute, le piante presentavano un culmo più robusto e una biomassa maggiore del 40%. In Canada vennero effettuati anche esperimenti con gli ultrasuoni e si osservarono risultati non solo sulle piante ma anche sugli insetti dannosi. Le prime risultavano più alte e robuste mentre per quanto riguarda gli insetti essi erano presenti in minor numero nella serra con gli ultrasuoni. Cio é dovuto probabilmente all’aumento dell’attività enzimatica e il ritmo respiratorio delle piante e dei semi sottoposti alla musica.

I “gusti musicali” delle piante

Non tutti i generi influenzali hanno lo stesso effetto sulle piante e addirittura lo stesso tipo di suono può avere effetti differenti, stimolando alcuni vegetali e inibendone altri. Per quanto riguarda i generi musicali, la biologa Dorothy Retallack ha condotto diversi esperimenti sottoponendo alcuni vegetali a diverse canzoni. Essi hanno suggerito la predilezione da parte delle piante per la musica classica, mentre risulta loro poco gradita la musica rock. Per poter comprendere ciò ha osservato che i vegetali tendevano ad orientare la loro crescita allontanandosi o avvicinandosi agli altoparlanti e ne ha misurato l’angolo di spostamento.

Come fanno ad “ascoltare i suoni e come interagiscono con essi

Le piante ovviamente non hanno le orecchie con cui ascoltare tuttavia possono percepire le vibrazioni che compongono i suoni.

Secondo alcune ricerche determinati tipi di suoni possono influire e contrastare alcune malattie vegetali, aumentare la resistenza delle piante, aumentare la biomassa e la resa, migliorare l’adattabilità a condizioni sfavorevoli e comtrastare la presenza di insetti dannosi.

Che dire, nonostante da irriducibile rocker non sia completamente d’accordo con i gusti delle piante, non smetteranno mai di affascinarmi!!