In questi ultimi anni l’agricoltura è al centro di numerose polemiche nate prevalentemente dalla disinformazione dilagante in materia. Ecco quindi che si è assistito ad un proliferare di pratiche pseudoscientifiche (come il metodo biodinamico), ad attacchi infondati verso l’agricoltura convenzionale e all’esaltazione immotivata di quella biologica. Al centro delle polemiche è spesso il temutissimo glifosate, ma di fatto che cos’è??? Vediamolo insieme e cerchiamo di capire se è davvero così dannoso!

Carta d’identità del glifosate

Il glifosate dal punto di vista chimico si chiama N-(fosfonometil)glicina e la sua formula è la seguente: C3H8NO5P. Lasciando da parte queste nozioni per addetti ai lavori, questa molecola è un inibitore di un enzima coinvolto nella fotosintesi clorofilliana. In poche parole non permette a questo enzima di lavorare, pertanto la fotosintesi non può avvenire causando, perciò, la morte della pianta. Il glifosate è infatti un erbicida definito totale non selettivo, ossia in grado di uccidere qualunque pianta. In particolare si tratta di un prodotto sistemico che agisce per contatto, viene pertanto assorbito dalle foglie e poi traslocato in tutto il resto della pianta e viene usato nella fase di post emergenza, ovvero dopo la germinazione delle erbe infestanti. Questa molecola fu scoperta nel 1950 dal chimico Henry Martin, ma le sue proprietà erbicide furono studiate solo venti anni più tardi dal chimico della Monsanto John E. Franz, che vinse per questo numerosi premi e riconoscimenti. Da allora, è diventato il diserbante più utilizzato dagli agricoltori di tutto il mondo, proprio grazie alla sua efficacia anche sulle erbe più resistenti.

Le accuse di presunta tossicità

Sul glifosate hanno condotto numerosissimi studi, alcuni dei quali vedono una correlazione tra l’insorgere di alcune malattie e il suo utizzo, altri che invece l’hanno dichiarano completamente sicuro.

Come mai queste discrepanze? In primo luogo alcune ricerche presentavano errori e forzature (per esempio studi condotti sulle malformazioni dei feti dei ratti durante la gravidanza prevedevano la somministrazione del glifosate nel ventre materno ed esponevano l’animale a dosi 500 mila volta superiori a quella che si stima sia l’esposizione umana). In secondo luogo vi é il fatto che non è facile studiare epidemiologicamente il nesso causale tra una sostanza e l’insorgere di malattie. I motivi sono diversi, tra cui vi sono la difficoltà nel quantificare e ricreare sperimentalmente le esposizioni del passato, infatti le neoplasie impiegano 20 anni per insorgere. Risulta anche evidente che nel corso di quel tempo agricoltori e consumatori sono stati a contatto con moltissime sostanze. Ciò porta alla correlazione di una malattia con più sostanze anche se non tutte ne sono effettivamente la causa.

Le conclusioni

Ma quindi il glifosate è rischioso o no? Recentemente si è pronunciata l’Agenzia Statunitense per l’Ambiente (EPA) che ha dichiarato quanto segue:

Il glifosato non è cancerogeno e non ci sono rischi se è utilizzato in accordo con le indicazioni nell’etichetta.

Ciò appare chiaro anche perchè l’enzima su cui agisce la molecola non è presente nei mammiferi. Infine non bisogna dimenticare che tutti i prodotti alimentari sono controllati affinchè i residui di agrofarmaci non superino le soglie limite definite dalla legge.